
Con: Jack Nance, Charlotte Steward, Allen Joseph, Joanne Bates, Judith Anna Roberts, Laurel Near, Jack Fisk.
Regia, sceneggiatura, montaggio, scenografia ed effetti speciali: David Lynch
Fotografia: Herbert Caldwell, Frederick Elmes
Suono: Alan R. Splet

Il volto fluttuante di Henry Spencer si sovrappone a quello di un brullo corpo celeste abitato da uno sfigurato individuo, addetto alla manovra di macchinari rugginosi e scintillanti. Azionando delle leve lo stralunato Henry viene risucchiato via dal ventre ancestrale e catapultato sotto forma di verme spermatico in un'assordante e desolata landa industriale. Poco tempo dopo viene a conoscenza del parto prematuro della compagna Mary, che porta alla luce una creatura mostruosa che col proprio inquietante e incessante pianto irretisce quest'ultima al punto da condurla all'abbandono del suo frutto. Rimasto solo con lo straordinario pargolo, Henry inizia a veleggiare in un'onirica, sconcertante sequenza di incontri e situazioni fuori dal comune, al termine della quale si vede costretto a reprimere la filiale protuberanza per poter raggiungere quell'agognato paradiso dove, come canta la "donna del tifone" con le escrescenze tumorali che le gonfiano il viso,
"everything is fine"; e lasciare che lo sfavillare della luce apra nuove voragini di senso.

Il solo tentativo di delineare un percorso risolutivo all'interno della struttura narrativa e soprattutto visionaria di Eraserhead è voler far torto alla polisemia contorta che un film "esperienza", qual'è questo campione indiscusso dei midnight movies , inocula sotto l'epidermide dritta al centro nervoso da cui si originano le pulsioni immaginifiche. Eppure, nonostante la cupa e strabiliante impalpabilità degli eventi, si ha come l'impressione che i paesaggi dell'universo lynciano, attraversati dalla figura sgraziata di Henry siano quanto di più vicino possa essere al nostro vissuto quotidiano: non fosse per quella nefasta apatia dei sensi e fossilizzazione dell'aurea divina a cui ciascuno individuo tende. L'alieno protagonista della pellicola è infatti un catalizzatore, un essere capace di ipertrofizzare i dettagli che cadono sotto il suo sguardo imperscrutabile, spaventato trasognato; lasciarli crescere e deragliare sconsideratamente sino a farli esplodere e deflagrare in un baluginio di scariche elettriche che cortocircuiteranno la stabilità dell'esistenza e del senso. Allora la famiglia si trasformerà in quell'albero di piaghe in cui si compie la brutalità del nascere; dove l'ostinato, energico fragore dell'industria meccanica eserciterà una tale pressione sulla condizione biologica dell'uomo da sconfinare dentro gli anfratti della sua pelle e corromperne l'apparato molecolare; e dove ogni poro, pertugio o fenditura possibile si scoprirà essere un varco, un passaggio per quelle black room dove lo spazio e il tempo hanno dimesso le consequenzialità fisiche e proiettano sulle misteriche alture delle Twin Peaks, o immettono su notturne Lost Highways.
[Andrea Grieco]